Teatro

‘Non è vero ma ci credo’, Enzo De Caro raccoglie e innova l’ereditá di Luigi De Filippo

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Napoli, 26 nov. – Il teatro dei De Filippo attraversa le generazioni ed arriva al Sannazaro di Napoli dal 22 al 24 novembre, in nuova veste: dinamico, iperbolico e con scorrevole riadattamento.

’Non è vero ma ci credo’, scritta da Peppino De Filippo nel 1942, è il testo che permette alla compagnia di Luigi De Filippo, di ritrovarsi a teatro con persone che ancora oggi rispondono con applausi e sorrisi a una messa in scena in cui si ridicolizza la superstizione.

L’ereditá della tradizione viene raccolta da Enzo De Caro e innovata dallo stesso attore, in collaborazione con il regista Leo Muscato.

Da professionisti i due rileggono la trama in chiave carina, senza tradire l’originale verve comica di Peppino De Filippo.

Gli anni Ottanta entrano nella commedia napoletana e nei suoi tempi comici. La musica pop e i costumi a tratti eccentrici, insieme ad una scenografia colorata, sintetica, ma tipica delle vignette, donano eclettismo e modernità al teatro di tradizione, omaggiando anche Pino Daniele.

Una scia interpretativa che ben sposa la contestualizzazione del Sannazaro di Napoli, aperto al nuovo, senza cancellare la memoria ed il gusto della grande scuola teatrale dei De Filippo che quasi 100 anni fa nel teatro “bomboniera di Chiaia”, lavorarono.

De Caro è l’uomo giusto al posto giusto per il lavoro portato avanti dalla moglie di De Filippo, Laura Tibaldi; discorso che vale anche per l’intera compagnia scelta e composta da Giuseppe Brunetti, Francesca Ciardiello, Luciana De Falco, Carlo Di Maio, Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo e Fabiana Russo.

Parliamo di un cast allestito con le competenze e l’esperienza adatte alla stessa esigenza creativa dei De Filippo. È la sintesi dell’idea di Luigi De Filippo, che vedeva la sua compagnia come una seconda famiglia.

L’armonia delle singole espressioni sceniche restituite da ciascun attore è visibile e rende lo spettacolo molto gradito.

Il segreto del testo messo in scena risiede nell’equilibrio vigente tra le interpretazioni e i nuovi codici di lettura che Muscato dá nella sua regia.

La superstizione è una cosa seria, un concetto radicato nella napoletanitá. L’intelligenza di Peppino De Filippo è stata quella di estirparla con la risata e a giudicare dall’effetto sortito sul pubblico, potremmo dire che a distanza di anni ci riesce ancora.

Gervasio, imprenditore avaro e tuttofare, crede fermamente nel buono e cattivo augurio, e quando incontra l’impiegato Belisario Malgurio, gli attribuisce un influsso malefico, al punto di licenziarlo ed assumere un nuovo candidato solo perché gobbo, Alberto Sammaria, che diventerà insieme amuleto e uomo portafortuna per Gervasio, fino a quando quest’ultimo non si innamorerà della figlia del datore di lavoro. Rosina dovrà soccombere alla volontà paterna di sposare Sammaria, rinunciando agli occhi del padre, al suo grande amore.

Un finale con colpo di scena stupisce il pubblico, quando Gervasio scopre dopo un confronto con la moglie di essere davvero vittima della superstizione, che in realtà non esiste.

L’ happy ending regala al pubblico la speranza e la distensione emotiva dinanzi ad una paturnia comportamentale, la superstizione, che rischia di diventare altrimenti, una vera e propria prigione.

 

 

 

 


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.