Pagliaro (Inca Cgil): “Riforma dei patronati ancora ferma al palo, in attesa di semplificazione”
(Adnkronos) – "A fine 2023, in occasione della presentazione del nostro Bilancio sociale, il senatore Durigon disse che il 2024 sarebbe stato l'anno della riforma dei patronati. I patronati sono soggetti vigilati dal ministero del Lavoro, regolamentati da una norma che è la 152 del 2001, una norma che ovviamente porta in sé tutti questi anni e che ha bisogno necessariamente di una manutenzione. Però alle parole del senatore Durigon non sono seguiti i fatti". A dirlo, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Michele Pagliaro, presidente dell'Inca, il patronato della Cgil. "Noi – sottolinea – abbiamo avuto un incontro al ministero il 20 febbraio, convocato direttamente dalla ministra Calderone. In quell'occasione, ci è stato riferito che si sarebbe proceduto alla semplificazione del sistema, quindi non ad una rivisitazione più complessiva, però anche questa semplificazione di cui ci sarebbe bisogno ad oggi risulta bloccata". "La semplificazione – avverte – è un elemento estremamente importante perché tutta l'attività dei patronati viene controllata; le nostre pratiche vengono controllate ad una ad una da parte degli ispettori e questo ovviamente porta via parecchio tempo. Con l’utilizzo della tecnologia, mettendo in relazione il provvedimento di liquidazione, la pratica e il mandato di patrocinio telematico, si potrebbe ispezionare e controllare l’attività con un semplice click, che ridurrebbe drasticamente i tempi delle ispezioni e le incombenze degli ispettori. Gli stessi incaricati di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro in un paese in cui muoiono mediamente ogni giorno tre lavoratori. Se si facesse questo, sarebbe una rivoluzione". "Noi come sistema dei patronati non temiamo né la transizione digitale né l'intelligenza artificiale. Fra l’altro, durante la pandemia sono stati i patronati del Ce.Pa (Acli, Inas, Inca e Ital) a rivendicare l’introduzione del 'mandato di patrocinio telematico', proprio perché abbiamo sentito la necessità, come del resto abbiamo fatto sempre, di renderci utili e di metterci a disposizione della collettività proprio quando le principali istituzioni pubbliche del Paese chiudevano i loro sportelli al pubblico". "Finita la pandemia – sottolinea – abbiamo sentito il bisogno di lavorare per rinnovare gli accordi fra Inps, Inail e patronati: il primo con l’Inps è stato rinnovato dopo 12 anni, l’11 gennaio 2023; quello con l’Inail il 6 marzo 2024, sempre dopo 12 anni. Due protocolli, posso affermare, che hanno al centro proprio l’innovazione tecnologica; un tema che non ci preoccupa purché sia condiviso, coerente e soprattutto in grado di migliorare la qualità dei servizi. La nostra rete, insieme quella più in generale dei patronati italiani più importanti, è, prima di tutto, una rete di prossimità, una rete fisica reale e non virtuale mentre quella di importanti istituzioni pubbliche, complice l’innovazione tecnologica da un lato ma anche la drastica riduzione di investimenti sul personale dall’altro, si è ridotta drasticamente sino ad essere, purtroppo, percepita molto distante se non assente rispetto ai cittadini e alle cittadine". "Da qui – spiega il presidente Pagliaro – la necessità di occupare il vuoto per dare risposte veloci e soluzioni ai problemi dei cittadini; un ruolo che il sistema dei patronati italiano potrà svolgere senza difficoltà alcuna, anche affrontando in prospettiva le problematiche legate alle pratiche complesse e quelle per l’emersione dei numerosi 'Diritti inespressi', lavorando anche per sviluppare un confronto, oggi alle battute iniziali, sia con l’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani), sia con la 'Conferenza delle Regioni'. Un confronto che ha già suscitato molto interesse da parte dei nostri interlocutori, che mi fa dire, per quanto ci riguarda, che la transizione digitale così come l’intelligenza artificiale non rappresentino un rischio ma vere e proprie opportunità". "Possiamo dire che la pandemia è un po' alle spalle. L'Inca sta tornando alla normalità anche perché non dimentichiamo che il patronato ha comunque sempre lavorato durante il periodo del Covid. L'Inca, infatti, come tutto il sistema dei patronati italiani, ha reagito benissimo". "In occasione dell'emergenza Covid – spiega – siamo riusciti a garantire dei servizi anche quando importanti istituzioni pubbliche chiudevano il lavoro a distanza. Noi siamo stati capaci in pochissimo tempo di cambiare le nostre abitudini, le nostre modalità organizzative. Grazie all'introduzione del mandato di patrocinio telematico non abbiamo mai fatto mancare il supporto a milioni di cittadini che in quella fase abbastanza complicata avevano bisogno". "Gli ultimi dati sull’attività dell’Inca – ricorda – certificati dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, relativi all’annualità 2022, ci hanno visto crescere in termini percentuali del 2,25%, passando dal 15,16% al 17,41% della quota di mercato. Un significativo balzo in avanti che, fra l’altro, ha interrotto un inesorabile declino lungo, addirittura, 12 anni. Dalle prime informazioni riguardanti il 2023, che ci siamo scambiati con gli altri patronati Acli, Inas e Ital, la tendenza all’aumento del volume di attività complessivo dovrebbe essere altrettanto positivo, così come lo sono quelli diffusi dall’Inps sul primo quadrimestre 2024. Sono tutti segnali positivi che ci fanno pensare come l’Inca, dopo 80 anni dalla sua nascita, continuerà a restare il leader della tutela individuale, il primo patronato del Paese". "Le tutele previdenziali e assistenziali, in Italia, ci sono, però possiamo definirle notevolmente ridimensionate. Dal punto di vista previdenziale, sicuramente la riforma delle pensioni è diventata un tema tabù di cui nessuno parla. E oggi siamo di fronte ad una condizione dove le pensioni si riducono sia nel numero che anche nella quantità e nell'importo degli esercizi". "Abbiamo avuto – sottolinea – un calo di circa 38.000 pensioni rispetto all'anno scorso, anno in cui erano già diminuite di oltre 21.000. Mentre per quanto riguarda l'importo siamo di fronte ad una situazione in cui con il sistema contributivo gli assegni si riducono di circa il 16%". "Per quanto riguarda l'assistenza – avverte – la situazione è anche qui complicata. Questo è un Paese che investe di meno. Per essere concreti, durante tutta la fase del reddito di cittadinanza sono stati investiti circa 28 miliardi, circa 7 miliardi all'anno. Oggi con l'Adi, l'assegno di inclusione, siamo ad una cifra notevolmente più bassa, circa 2 miliardi. Di fronte a uno strumento che sicuramente non è all'altezza di fronteggiare quella che è la condizione sociale di questo Paese". —[email protected] (Web Info)
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