Patrick Zaki è libero.
Patrick Zaki è stato scarcerato, anche se non si tratta di un’assoluzione: è questa la novità più importante emersa durante la terza udienza del processo – celebrato a Mansura, in Egitto – a carico dello studente egiziano di 30 anni dell’università di Bologna, detenuto ininterrottamente dal 7 febbraio del 2020, giorno in cui fu arrestato al suo arrivo all’aeroporto del Cairo e trasferito nel carcere di Tora.
Il giovane ricercatore, attivista per i diritti umani e di genere, è ancora accusato di “diffusione di notizie false dentro e fuori il paese” per alcuni articoli giornalistici, tra cui uno del 2019 relativo alla situazione della minoranza cristiana copta nel paese nordafricano, delineata come perseguitata dall’Isis e discriminata da frange della società musulmana. Qualora dovesse essere condannato, Zaki rischia comunque una pena fino a un massimo di cinque anni di carcere.
Un diplomatico italiano, poco prima dell’inizio dell’udienza che ha sancito la sua scarcerazione, è riuscito anche a parlare brevemente con Zaki – rinchiuso nella gabbia degli imputati – per rappresentargli la vicinanza delle istituzioni italiane e per chiedere al ricercatore informazioni sulle sue condizioni di salute: “Bene, bene, grazie”, ha risposto Zaki alzando il pollice. Lo studente ha anche ringraziato l’Italia e l’ambasciata italiana per quello che stanno facendo per tenere alta l’attenzione sulla sua situazione.
La prossima udienza è stata fissata per il prossimo primo febbraio. Fino a quel giorno, stando a quanto si apprende, a Zaki non sarà imposto l’obbligo di firma: potrà quindio uscire e riabbracciare la sua famiglia.
La notizia è stata accolta con grande soddisfazione anche in Italia. Anche il presidente del consiglio Mario Draghi, con una nota ufficiale, ha espresso “soddisfazione per la scarcerazione di Patrick Zaki, la cui vicenda è stata e sarà seguita con la massima attenzione da parte del governo italiano”.
Per il rettore dell’Università di Bologna Giovanni Molari “quello di oggi è un passo avanti importante dopo quasi due anni di detenzione, soprattutto perché permetterà finalmente a Patrick di abbandonare le opprimenti condizioni di vita dettate dalla reclusione e ritrovare i suoi affetti e la sua famiglia. Sappiamo bene però che non è finita: il processo a suo carico continua, e di conseguenza continuerà anche il nostro impegno e la nostra mobilitazione”.
L’Alma Mater, ha ricordato Molari, “ha lottato fin dal primo giorno, fin da quel lontano 7 febbraio 2020, perché i diritti di Patrick Zaki fossero rispettati e per ribadire il nostro sostegno ai diritti fondamentali della persona, alla libertà di parola e di insegnamento, e il valore ineguagliabile del pensiero critico. Oggi siamo pieni di gioia per Patrick e per i suoi cari. Ma continueremo a lottare e a farci sentire fino a quando non potremo accogliere nuovamente Patrick a Bologna; fino a quando la sua grande comunità, quella dell’Alma Mater, non potrà nuovamente riabbracciarlo”.
“Soddisfazione e gioia, ma continua l’impegno per ottenere piena giustizia”. Il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli e il presidente del Consiglio comunale Fabio Poggi commentano così la notizia dell’annunciata scarcerazione, in attesa della prossima udienza, di Patrick Zaki, il ricercatore dell’Università di Bologna imprigionato in Egitto e per il quale una campagna internazionale chiede da tempo la liberazione.
Proprio nel dicembre di un anno fa il Consiglio comunale ha approvato una mozione a sostegno della liberazione di Zaki e in una seduta di fine gennaio il giovane ha potuto simbolicamente “parlare” in Consiglio: con la sua sagoma seduta tra sindaco e presidente, infatti, vennero letti alcuni stralci delle lettere che Zaki ha scritto dal carcere alla famiglia.
“Oggi salutiamo la scarcerazione di Zaki – aggiunge Poggi – e mandiamo un grande abbraccio a lui e alla sua famiglia, ma l’impegno continua: giustizia deve essere fatta fino in fondo. Zaki ha diritto a un processo equo, in tempi brevi e rapido e siamo certi che, se equo lo sarà davvero, sarà assolto da ogni accusa. Nessuno gli ridarà i mesi trascorsi ingiustamente in carcere, ma solo così giustizia sarà fatta”. E Poggi conclude richiamando una delle sue lettere, letta in Consiglio comunale: “Sono qui perché sono un difensore dei diritti umani e non per un qualsiasi altro motivo inventato”.
Foto: David Sassoli
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