Psicosi Coronavirus, quando la paura supera gli effetti della pandemia
Roma, 15 ott. – Coronavirus “virale” in ogni senso. Crescono di giorno in giorno i bollettini del contagio, diramati su social, organi di informazione e disinformazione insieme, per cui è difficile anestetizzarsi all’idea catastrofica della trasmissione del virus.
Oltre i dati reali di un Paese ormai alla deriva, perché privo di piani fattivi e condivisi di intervento sanitario, la popolazione deve fare i conti con il terrore da pandemia, che spesso supera gli effetti negativi del contagio.
Cresce dunque la pressione psicologica collettiva, per cui è facile parlare di psicosi da Covid-19. Lo palesano le dichiarazioni mediatiche comuni ed i sondaggi, che rilevano come le singole realtà italiane, stiano morendo lentamente sotto il terrore della minaccia di un virus che sta compromettendo oltre il presente, anche il futuro di ciascuno.
Difficile fare progetti per il domani, alla luce dei vari Dpcm che annunciano nuove misure restrittive ed eventuali lockdown, a fronte di un aumento dei contagi nel Paese. Dinanzi al divieto di qualsiasi forma di affetto ed interazione, fino a data da destinarsi, cresce la solitudine del singolo davanti ad un virus che nega prospettive di condivisione e dunque di serenità.
La logica della distanza alza muri su muri, in una società che non può più dirsi tale, dal momento che è votata all’isolamento preventivo, causa Covid. I dati dei tamponi diagnostici indicano l’abbassamento dell’età media dei positivi, in una situazione contingente sicuramente diversa rispetto ai dati della pandemia diffusa a marzo. Si cercano asintomatici, in una nuova “caccia alle streghe’, che genera diffidenza collettiva e pregiudica apertura e gestione di diverse attività e di conseguenza, delle singole quotidianità.
Vige la metafora dell’iceberg, secondo cui in passato vedevamo solo una piccola parte dei casi di contagio reale, rispetto ad oggi, dove una più approfondita estensione dei tamponi, genera invece, maggiore rilevazione di positivi. Se infatti a marzo si trovava un caso Covid su 6, ora se ne rileva 1 su 2.
Così perfino i bambini nelle scuole, hanno paura di contrarre il virus. Lo si evince dalla richiesta degli istituti e dalla spinta dei sindacati, che ha lasciato partire il 6 agosto scorso, un protocollo che dà 4.800 euro a ogni istituto, per affrontare i disagi in tempo di Covid con sportelli di assistenza psicologica per studenti e famiglie. Gli psicologi servono dunque ad una scuola che oggi vive in perenne stress tra la gestione della didattica in presenza e lo spettro del contagio con relative quarantene e chiusure da gestire.
Giá a marzo, con lo scoppio della pandemia, Piero Barbanti, professore di neurologia all’Università telematica San Raffaele di Roma e responsabile del Centro per la diagnosi e la cura delle cefalee e del dolore dell’IRCCS San Raffaele Roma-Pisana, rilevava: “L’epidemia del coronavirus ha determinato in tutti l’insorgenza di paure e fobie e rischia di innescare una cosiddetta malattia psicogena di massa, ovvero una sorta di follia collettiva ispirata dalla contagiosità della paura”.
Detto, fatto! L’amara eredità del coronavirus è l’impatto negativo sulla psiche generale, del’allarmismo in cui stiamo vivendo. Si sono soffermati sulla questione, i ricercatori dell’Universitá di Trobe della La a Melbourne, Australia. Il risultato del loro lavoro è confluito nella ricerca della schizzofrenia che ha associato l’esposizione virale alla vulnerabilità psicosociale. La malattia da Covid19 ha forte impatto sule percezioni della gente e sui loro modi di vivere questo momento storico.
Gli scarsi equilibri economici, sanitari e informativi, hanno costruito il fenomeno dell’allerta e della sfiducia generica. Quotidianamente si consultano più volte al giorno i Social Network, per controllare lo stato di diffusione pandemica, con grande probabilità di esposizione alle fake news, che fanno incrementare la paura.
Il bombardamento informativo lotta contro la parte razionale dell’individuo, che secondo “l’euristica della disponibilità” rende falsamente più probabili, gli eventi portati maggiormente alla nostra attenzione. Stati d’animo negativi influenzano così il presente ed espongono a maggior rischio di disturbi d’ansia, depressione, ossessioni, fobie, disturbi del sonno e psicosi vera e propria.
La vulnerabilità attuale ha azzerato qualsiasi cosa esistesse prima del virus, invalidando anche la resistenza a quanto sta accadendo. L’assenza di routine quotidiana ha infatti impatto sul cocktail emotivo a cui si è sovraesposti. La paura di infettarsi e infettare alimenta la narrativa dei bollettini di guerra e di una crisi ben più grave della stessa pandemia: quella delle anime, ormai rigide e indebolite davanti alla situazione dilagante, spesso vittima di stigma sociale.
Il trauma della pandemia è ormai presente in tutti. Come vincerlo? Con la cultura della bellezza e della razionalità, fatta di unità, analisi reale e comparata dei dati del contagio rispetto a marzo scorso, dolcezza ed empatia collettiva, da coltivare giorno dopo giorno, senza aver paura di sperare.
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