Rai: via Fazio e Littizzetto, tra lacrime e champagne
Fazio via dalla Rai e già i nostalgici di sinistra piangono stringendosi attorno a lui. Manca il girotondo di Nanni Moretti per completare il quadro.
“I sinistrorsi in lutto per la dipartita di Fazio e Littizzetto dalla RAI sono uno spettacolo fantastico.” Riccardo Puglisi, economista.
C’è chi piange e chi non si trattiene dalla gioia.
“Parliamoci chiaramente. Almeno metà degli italiani è felice che Fazio e Litizzetto siano stati buttati fuori dalla RAI e abbiano finito di ingrassare con molti milioni di euro di denaro pubblico, liberi di fare una televisione non solo di sinistra ma pure brutta e volgare. Ma il problema non erano loro. Il problema è la RAI in quanto cosiddetta televisione pubblica. Una azienda che si regge sul denaro pubblico e in più, con una inaccettabile commistione pubblico/privato, è libera di attingere risorse al grasso mercato della pubblicità. Una azienda che, inoltre, per la sua natura pubblica, è normativamente controllata e gestita dalla politica, cioè lottizzata e soggetta all’indirizzo politico, sia nei suoi contenuti che nella copertura dei ruoli interni. Il problema reale è quindi evidente: il solo modo per non avere una televisione politica è cancellare la televisione pubblica. D’altronde, la RAI è un reperto di archeologia politica e il fatto che essa garantisca il pluralismo dell’informazione è una pietosa bugia. Ed è, inoltre, il più becero e costoso residuato del più lurido statalismo, una sorta di sopravvissuto della mala stirpe degli enti pubblici economici che tra gli anni sessanta e settanta hanno distrutto le risorse pubbliche e rischiato di annientare l’intera economia italiana. Il problema è, quindi, la RAI ed è la RAI che deve essere azzerata. La RAI deve morire. E prima è, meglio è.” Luigi Bobbio, magistrato e già senatore della Repubblica.
Già, lo statalismo. Zoccolo duro di questo Paese.
“Mi auguro di vedere il giorno in cui la Rai, come ogni azienda di questo mondo, venga collocata sul mercato. Così finisce, finalmente, questa anomalia.”
Gerardo Verolino, giornalista
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