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Recensione – ‘I due Papi’, il teatro come altare del messaggio della Chiesa con Rigillo e Colangeli

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Il Teatro Sannazaro di Napoli ha offerto al suo pubblico una piéce di importante spessore, I due Papi, tratto dal lavoro di Anthony McCarten intitolato The Pope, con la regia di Giancarlo Nicoletti. Abbiamo ammirato l’avvicendarsi della storia del pontificato di Ratzinger e Bergoglio anche in una pellicola cinematografica, ma in teatro il messaggio della Chiesa contemporanea, con tutte le sue problematiche, acquista maggior significato sul palcoscenico e mostra i suoi punti deboli, così come le certezze, alla luce dell’avvicendarsi nella gerenza del pontificato tra Benedetto XVI e Papa Francesco.

Diviso in veri e propri quadri scenici supportati da una scenografia verosimile del bravissimo Alessandro Chiti, lo spettatore entra nelle stanze vaticane e si avvicina come osservatore attento, all’incontro intimo tra papa Ratzinger e Bergoglio cardinale.

Due ore di spettacolo accattivante, tenero, attuale, presentano i ritratti di due uomini di Chiesa, senza focalizzarsi esclusivamente sull’immagine imponente del vicario di Cristo in Terra. Lo spettacolo permette di arrivare ad elementi inediti delle personalità di Joseph e Jorge Mario. Al Ratzinger appassionato di libri e musica, segue un Bergoglio nostalgico, innamorato di calcio e tango. Le due visioni contrastanti del pensiero ecclesiastico, una conservatrice e l’altra progressista in senso pastorale, si incontrano magnificamente nella scena in cui i due Papi conversano davanti all’immagine del Giudizio Universale, nella Cappella Sistina. Tutta la bravura del regista mostra come nel passaggio di ruolo tra i due pontefici, si sia strutturata un’amicizia profonda, fraterna, fatta di completezza, in cui un papa lascia qualcosa di sè all’altro, come uomo e come testimone della Chiesa.

Emergono indiscutibilmente in questo spettacolo, Giorgio Colangeli (nel ruolo di Benedetto XVI), Anna Teresa Rossini (suor Brigitta), e Mariano Rigillo (Papa Bergoglio). La triade attoriale costruisce in modo perfetto il senso di rassegnazione ed accettazione dei tempi in cui matura un nuovo concetto di Chiesa. Il passaggio dal pontificato di Benedetto a quello di Francesco, assume varie sfumature nei tanti dialoghi scenici presentati come implicite confessioni. Il senso del perdono prende il sopravvento sul concetto di colpa. Il teatro diventa allora altare che spezza l’eucaristia dell’anima con tutta la sua debolezza, scevra da ogni forma di equilibrio. Davanti all’ottica riformatrice dell’idea personale di pontificato di ciascun papa, lo spettatore inevitabilmente si interroga sul concetto di fede e sulla struttura della Chiesa, tra scandali e potere.

Come agire ad ogni scelta dunque? Naturalmente secondo coscienza. Questo è ciò che emerge dalla dialettica teatrale della piéce, pensata per farsi esplorare in crescendo, con introspezione ed obiettività.


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.