Recensione – ‘L’arte della truffa’, a teatro Biagio Izzo insegna il valore della seconda possibilità
Un nuovo spettacolo per Biagio Izzo che a teatro interpreta Francesco, ex sedicente truffatore che vendeva case dell’Inps impropriamente. Vero e proprio maestro del raggiro ai ricchi, l’uomo finisce ripetutamente in galera a Poggioreale, fino a quando non gli vengono assegnati i domiciliari da trascorrere in casa della sorellastra, con cui divide il legame familiare materno.
Scritta a quattro mani, così da risultare brillante e dinamica nei suoi registri comunicativi firmati da Augusto Fornari (regista della commedia), Toni Fornari, Andrea Maia e Vincenzo Sinopoli, la piéce è in scena al teatro Augusteo, in cui Izzo ha portato la prima al debutto nazionale.
Al fianco dell’attore comico che come sempre è mattatore di garanzia, ci sono i colleghi affiatati con cui si rinnova la collaborazione artistica teatrale: Carla Ferraro (nel ruolo di Stefania, sorella di Francesco), Roberto Giordano (nel ruolo di Gianmario, cognato di Francesco), Ciro Pauciullo (appuntato della polizia), Arduino Speranza (nel ruolo di un cardinale), e Adele Vitale (nel ruolo della brasiliana Cielo).
La coppia Izzo e Giordano crea un ottimo contraltare tra indole illegale e irreprensibile. Il primo è dedito al malaffare, mentre il secondo è un imprenditore leale e preoccupato di perdere un nuovo appalto con il Vaticano, per il quale lavora. “L’onestà deve tornare di moda”, è la frase mantra che attraversa le linee guida dell’atto unico in cui si mostra il valore della redenzione e del cambio di opinione che una persona può avere sull’altra.
In una ambientazione prettamente domestica si intavola un discorso sull’arte del raggiro e dei massimi sistemi che coinvolgono prelati e colletti bianchi. Biagio Izzo affronta la tematica in punta di piedi, con una ilarità sana che da sola svela le cose, senza additarle in modo categorico o netto.
L’imprevisto la fa da padrone al centro delle vicende di Francesco e della sua famiglia, rovesciando la medaglia in modo tale che il truffatore diventi supporto del cognato Gianmario, allorquando quest’ultimo verrà a sua volta raggirato, e scoprirà che l'”arte” appresa dal cognato è in realtà salvifica per lui e frutto di una netta inversione di mentalità che porterà al riscatto lo stesso Francesco, prima nei confronti della sua famiglia, e poi del prossimo.
Colorata nell’uso dei dialetti in cui figurano napoletano, siciliano, spagnolo, oltre alla lingua italiana, la commedia è una trottola carinissima di eventi a soqquadro. Mostra però che la redenzione non ha mezze vie, né è un surrogato della vita; che a volte l’errore non è il crogiuolo in cui l’uomo può forgiarsi, e soprattutto che la libertà di scelta è necessaria perchè un uomo, in questo caso Francesco, possa scegliere in modo spontaneo di autopurificarsi.
Ma la piéce comica ci dimostra anche che l’affetto riesce a smuovere le cose intorno a noi, anche quelle più stagnanti, e che la comicità, oltre a servire a sdrammatizzare le cose, diventa una parabola degli stati d’animo dell’uomo, costruita sull’alternanza inevitabile di infelicità e sorrisi.
Il ritorno a teatro di Biagio Izzo è un ulteriore regalo di leggerezza per il suo pubblico, che ancora una volta con lui in scena, si trova gioco forza a soffermarsi a pensare sul tema della rettitudine e della seconda possibilità che ognuno deve sempre dare prima a sé stesso e poi all’altro, senza sprecarla.
Foto di Arturo Favella
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