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Recensione – ‘Rugantino’, 60 anni e non li dimostra: al Teatro Augusteo debutta la fortunata commedia musicale di Garinei e Giovannini

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Napoli, 4 apr. – Nuovo smalto per ‘Rugantino’, la celebre commedia musicale scritta e messa in scena per la prima volta nel 1962 da Garinei e Giovannini, reduci da performance di rivista.

Lo spettacolo che compie 60 anni, ha visto nel tempo avvicendarsi nei ruoli di Rugantino e Rosetta, grandi attori italiani (Nino Manfredi, Aldo Fabrizi, Lea Massari, Bice Valori, Enrico Montesano, Alida Chelli, Valerio Mastandrea, Sabrina Ferilli, Simona Marchini, Maurizio Mattioli, per citarne alcuni). Gli ultimi, in ordine temporale, sono Michele La Ginestra e Serena Autieri, fieri e ben felici sul palcoscenico del Teatro Augusteo di Napoli, di prestare il volto a due personaggi simbolo di uno spaccato storico tutto romano, risalente al 1830.

Le musiche di Armando Trovajoli, indimenticabili al punto di rapire il cuore, rendono brani come ‘Roma nun fa la stupida stasera’, ‘Ciummachella’, ‘Tirollallero’, dei cult della commedia musicale oltre che della canzonetta in romanesco.

La Ginestra torna dopo 21 anni dall’esordio, nei panni di Rugantino, con accanto come compagni di viaggio, Vincenzo Faina (Mastro Titta) ed Edy Angelillo (Eusebia). Non è nuova alla sua Rosetta, neppure Serena Autieri, che ritorna dopo due anni e mezzo dal primo debutto, ad indossare trucco e parrucca della donna che fa innamorare il giovane spaccone al centro del narrato.

La coralità dello spettacolo rende ‘Rugantino’, un fuoriclasse del genere del musical. Lo spettatore che già lo ha visto nel suo percorso, non si esime dal ritornare a teatro per lasciarsi trasportare dalle genuine emozioni che solo Garinei e Giovannini sono riusciti a fondere tra dramma ed ilarità, verosimiglianza storica, spirito ardito ed una gran bella fetta di pathos e romanticismo, a volte anche scanzonato.

Così recitazione, danza e musica, per tre ore intrattengono nel modo più puro del termine la platea, che come sempre sgrana gli occhi davanti alla spettacolare scenografia mobile ottocentesca, sintesi perfetta di una macchina teatrale che si muove, avvolge i fili della storia e dona animosità ai personaggi sul palcoscenico.

Laddove la comicità di Rugantino dà il colore di fondo, subentra l’anticonformismo del protagonista della piéce, la leggerezza ironica che lo caratterizza anche nella riottosità di alcuni moti d’animo, dando motivazione alla commedia musicale di sedimentarsi ancora di più tra le nuove generazioni di spettatori, così da avvicinarli ad una messa in scena che è di fatto parte del patrimonio culturale teatrale italiano.

Tutta la bellezza della commedia si addensa nella famigerata Sera dei Lanternoni, quando Rugantino che per scommessa intende sedurre Rosetta, finisce poi per innamorarsene realmente. Il protagonista sembra aver ritrovato la retta via cadendo in amore, ma seppur disposto a riscattarsi dalle sue malefatte goliardiche seminate qua e là per tutta Roma, alla fine viene invischiato casualmente in un omicidio che lo porterà al patibolo.

Avviandosi alla sua triste sorte, Rugantino comprende che forse, salendo alla ghigliottina, potrà finalmente avere il rispetto di tutta Roma, levandosi la maschera del perdigiorno fino ad allora affibbiatagli.

E’ poco prima dell’esecuzione esiziale che tutto il dramma trova significato. Rugantino guarda al pubblico in platea come ai cittadini di tutta Roma e a loro dice: “Alla fine uno diventa quello che avrebbe sempre voluto essere. Morto Rugantino se ne fa un altro, perchè noi romani semo tutti Rugantino, tutti con la voglia di sembrar duri, screpanti, gente che ce sanno fa”.

Il protagonista diventa così l’angelo del Castello per Rosetta e nella frase ‘Io so pronto’ raccoglie tutto l’applauso entusiasta del pubblico in platea.

L’effetto teatro di Rugantino si compie ancora una volta tra sogni e sospiri, ribadendo l’eterno successo di un classico su cui in passato Massimo Romeo Piparo scelse di puntare. Il lavoro di Festa Campanile, Franciosa, Magni e naturalmente Garinei e Giovannini, cristallizza con l’incredibile effetto visivo dell’intero apparato scenico, una magia intrisa di sentimenti popolari che seminano genuinità, anche nella scelta del non atteso happy end.

Foto di Arturo Favella


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.