Clambagio è lo pseudonimo con cui un imprenditore di Bolzano firma i suoi romanzi. Di lui si sa poco o nulla: che il nom de plume è l’acronimo dei quattro nomi di battesimo (Claudio Amedeo Battista Giovanni) e che finora ha dato alle stampe quattro romanzi – “Fuerth Italia. Il destino gioca a dadi” (2010), “La fotosintesi del dolore” (2012), “Mariposita… allungami la vita. Cronaca di un terremotato sepolto vivo” (2015), “Nel nome di Shamash. Uomo perbene/uomo permale” (2016) – e alcuni cataloghi di arte.
L’ultimo romanzo “Scandalo in Val Gardena. Nessuno resterà impunito” affronta in chiave sociologica la condizione femminile negli anni Cinquanta e, su un piano più generale, i temi dell’adozione, del rapporto tra natura e cultura, del caso e del destino, della vendetta e del perdono.
Il libro è ambientato nella piccola comunità di Santa Cristina in Val Gardena, nei primi anni Cinquanta. Nell’Italia bacchettona e moralista dell’epoca, la condizione della ragazza madre era malvista. A Sud come a Nord. Ma nelle Valli ladine, equivaleva a un vero e proprio bollo d’infamia. Ne fa le spese Katharina Perathoner, una giovane e bella gardenese, che si innamora dell’uomo sbagliato. Mette al mondo un figlio illegittimo e viene per questo ripudiata dalla famiglia, dal parroco e dalla comunità, per poi morire in un incidente dalla dinamica sospetta.
Il piccolo Leo, all’anagrafe Leonardo Donatello, dopo un rimpallo di responsabilità tra la nonna e le zie, viene affidato alla bisnonna che, a causa degli acciacchi dell’età, non può accudirlo come dovrebbe. Per questo, su segnalazione del maresciallo dei carabinieri del paese, il bimbo le viene tolto dai servizi sociali e dato in adozione.
La vicenda si sposta a Firenze, dove, in un incrocio di destini, una famiglia ha appena perduto il suo unico figlio. I coniugi Fiaccobaldi Vieri, esponenti di uno dei casati più ricchi e potenti d’Italia, decidono di adottare un bambino che dovrà ereditare il lignaggio e continuare la stirpe. La scelta cade sull’orfano gardenese, la cui vita cambia all’improvviso. Trent’anni dopo, il padre sul letto di morte gli rivela la verità sulle sue origini. Dopo un iniziale disorientamento nell’apprendere la realtà delle sue radici genealogiche diverse, si innesca nel giovane un desiderio di rivalsa verso tutti coloro che avevano contribuito a emarginare e far soffrire la madre. Grazie al suo potere economico e alle conoscenze altolocate, ordisce una rabbiosa, feroce trama di vendette che dopo tre decenni si abbatte sui responsabili dell’epoca, dal sindaco al prete, dal padre ai familiari.
Si innestano nella vicenda narrata vari spunti di riflessione sulle molle dell’agire umano, in un groviglio di contraddizioni irrisolte che dilaniano sia il giovane ereditiere/giustiziere, sia gli altri personaggi. Lo stile dinamico, l’intreccio sapiente con rapidi cambi di scena e dialoghi ritmati dalla resa filmica, fanno del romanzo di Clambagio una lettura avvincente e profonda che oltrepassa i confini del romanzo d’azione per approdare nei territori di un componimento narrativo psico/filosofico.