Sprofondo Napoli. Destino di Garcia ormai segnato
di Luca Muratgia.
Il Napoli non c’è più, della squadra che ha incantato l’Europa, che ha disegnato calcio sui campi da gioco alla stregua di un pittore intento a dipingere sulla propria tela, non resta ormai che un lontano ricordo che, stante i risultati e le prestazioni attuali, sfuma gradatamente verso una triste nostalgia. Nella piovosa domenica novembrina, gli azzurri annegano in tutti i misteri e le contraddizioni che si portano ormai addosso a mo di fardello, dagli albori del campionato in corso. Tutto sembra predisposto nella medesima direzione, un tempo inclemente, il cielo scuro, tendente al nero, ed una presenza in campo impalpabile per una squadra lenta, confusa, impaurita. In queste circostanze nefaste, inevitabilmente anche la fortuna ti abbandona e la squadra vista oggi in campo non ne ha avuta, neanche un po’. Rudi Garcia, opta, in avvio di gara, per un profondo rinnovamento ad iniziare dal modulo che passa dal 4-4-3 al 4-2-3-1 con Giacomo Raspadori e Giovanni Simeone in campo dal principio, insieme per la prima volta da quando sono stati ingaggiati dal Napoli. Il sacrificato è Zielisky con Elmas preferito a Kvaratskhelia sull’out di sinistra, Ostigard a Natan che va a formare la coppia di centrali con Amir Rahmani ed infine Oliveira a Mario Rui. Insomma il tecnico azzurro prova, con tante novità, a rimescolare le carte nella speranza di fornire nuova linfa alla squadra reduce dalla deludente serata Champions di mercoledì contro i tedeschi dell’Union Berlino. Le speranze del tecnico transalpino, naufragano miseramente sotto la pioggia incessante del Maradona. La squadra, con il nuovo modulo, manifesta palesemente i vecchi difetti, poco pericolosa in attacco, sovrastata a centrocampo e claudicante in difesa dove ogni volta che i toscani attaccano, si respira e percepisce continuamente la pericolosità. A ciò si aggiunge la serata di grazia del portiere Berisha che, in ben due occasioni, prima su Politano e poi su Anguissa sfodera due parate sensazionali negando agli azzurri un vantaggio comunque discutibile. Nel secondo tempo Garcia torna al passato, schierando Zielisky e Kvaratskhelia nel classico 4-3-3. I risultati però non cambiano perché la squadra palesa sempre le stesse lacune. Evidentemente con Kvaratskhelia in campo si alza inevitabilmente l’asticella della pericolosità ma solo ed esclusivamente per de doti tecniche del georgiano e mai per una manovra armonica e fluida a testimonianza del fatto che, indipendentemente da qualsiasi disquisizione tattica sui moduli, quello che sembra mancare a questa squadra sono le motivazioni, quella determinazione, quella carica agonistica, quella cattiveria, quell’aggressività caratterizzante la squadra dello scorso campionato e che, rappresentano indiscutibilmente qualità in grado di fare la differenza. È l’aspetto mentale a mancare, non il modulo che, al netto dell’eccezione del primo tempo di oggi, resta lo stesso dello scorso campionato. Come sopra accennato, in un quadro così dipinto, anche la fortuna resta la nota dolente e così accade che nuovamente Berisha dapprima sfodera un intervento prodigioso su Lindstrom nel frattempo subentrato ad uno stanco Politano e poi su un tiro di Kvaratskhelia (praticamente la fotocopia del tiro parato da Maignan domenica scorsa nel pareggio contro il Milan), di piede, salva letteralmente il risultato. Ma in una domenica del genere non poteva mancare la ciliegina sulla torta, e così accade che al ‘91, Kovalenko, a cui mancava la realizzazione in serie A da circa due anni, “ingarra” è il caso di dirlo, il gol della domenica con un tiro dal vertice dell’area di rigore che disegna in arco incredibile che va a collocarsi direttamente all’incrocio dei pali senza alcuna possibilità di intervento del povero Gollini, presente in campo per un affaticamento muscolare di Meret nel pre partita. Insomma una domenica da dimenticare e, i cui strascichi, risulteranno assolutamente imprevedibili con la panchina di Garcia, già in bilico e vacillante prima dell’inizio del match, sembra ormai pronta ad essere occupata da un nuovo allenatore. Al di là delle responsabilità e degli errori inequivocabili di Garcia, che paga anche colpe non sue a cominciare da un calcio mercato estivo palesemente insufficiente per finire alla scellerata gestione dei rinnovi che inevitabilmente hanno avuto il loro peso nell’economia del cammino azzurro, è indispensabile, allo stato, un cambiamento, una scossa che comporti un risveglio nella testa intorpidita dei giocatori partenopei e l’unico provvedimento paventabile, risulta essere la sostituzione del tecnico francese. Nel frattempo come primo provvedimento è rappresentato dal silenzio stampa che sempre, in casi come questi, viene decisa dalla proprietà.
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