13 Gennaio 2025
Magazine

Storie insolite della Seconda Guerra Mondiale. Il nuovo libro di Domenico Vecchioni. Intervista con l’autore

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Anna Tortora

Per la mia rubrica IL Personaggio sono lieta di ospitare Domenico Vecchioni, storico e già ambasciatore d’Italia. Autore di un libro molto interessante, edito da Rusconi, che racconta episodi “inediti” della Seconda guerra mondiale.

Il libro si apre con un tenebroso Rudolf Hess. Perché era così enigmatico come personaggio?
“Rudolf Hess era un personaggio davvero singolare. Ascetico, mistico, incorruttibile, con tendenze verso il soprannaturale, credeva nelle profezie, nell’interpretazione dei sogni e non era estraneo a sette esoteriche di vario tipo. Era inoltre afflitto dalle sue ferite di guerra, causa di lancinanti dolori che lo spinsero – considerata l’impotenza della medicina ufficiale – verso omeopati, guaritori, ipnotizzatori, magnetizzatori, astrologi ecc. Era stato nei primi anni del regime, il “numero 2″ di Hitler, il suo erede designato. In seguito, tuttavia, i loro rapporti conobbero un certo affievolimento. Hitler gli preferì, in effetti, personaggi che meglio rappresentavano l’immagine dell’uomo nuovo nazista: tipi duri, aggressivi, arrivisti, insomma uomini alla Göring, Goebbels, von Ribbentrop. Mi pare di conseguenza poco probabile che il Führer si sia affidato a Hess per tentare di negoziare una pace separata con il regno Unito, per poi combattere insieme una crociata antibolscevica. Se davvero avesse voluto sondare gli inglesi, avrebbe scelto altri gerarchi e, soprattutto, altre modalità di contatto. Mi pare più verosimile, invece, che Hess abbia voluto, con quel suo enigmatico volo sui cieli della Scozia, riconquistare il posto perduto nel cuore di Hitler, suo idolo assoluto, che gli avrebbe espresso eterna gratitudine per aver chiuso il fronte occidentale, mentre si apprestava ad aprire quello orientale (con l’operazione Barbarossa). Un sogno di pace impossibile, da adolescente sognatore e da grande visionario. Hess, come scrisse Churchill nelle sue memorie, ” costituiva un caso medico, non politico. Avremmo dovuto trattarlo come tale”…

Lei descrive una tragedia ferroviaria, quasi sconosciuta, sulla linea di Potenza…
“Fu la più grande tragedia ferroviaria della storia italiana. Nella galleria delle Armi, nei pressi di Balvano (Potenza), morirono più di 600 persone (il numero esatto non fu mai accertato), asfissiate dal monossido di carbonio. Cosa era successo? Siamo nel marzo 1944. La guerra infuria. L’Italia è divisa in due dalla linea Gotica: a Nord ci sono i tedeschi, a Sud gli anglo-americani. I trasporti pubblici sono quasi inesistenti, i pochi treni ancora in circolazione sono gestiti da una struttura militare alleata. In teoria vi potrebbero viaggiare solo militari e persone munite di speciale autorizzazione. Tuttavia le potenze alleate finiscono per chiudere un occhio sul fenomeno dei passeggeri “clandestini”, coloro cioè che salgono sui treni senza autorizzazione , spinti dalla fame e dalla lotta per la sopravvivenza. Gente che si sposta da una città all’altra per barattare le poche cose di cui dispone in cambio di beni di prima necessità. Un convoglio formato da ben 47 vagoni, con 6/700 viaggiatori (invece delle poche decine autorizzate) parte la sera del 2 marzo 1944 da Napoli in direzione di Potenza. Tra Balvano e Bella Mura accade l’impensabile. Il treno si ferma nella “galleria della morte”, affronta una forte salita, non riesce ad andar avanti a causa del sovrappeso e slitta sui binari resi scivolosi dall’umidità della foschia notturna. I macchinisti allora cercano di dare al motore la massima potenza, iniettando maggiori quantità di carbone. Ma si tratta di un carbone di pessima qualità fornito dagli alleati e proveniente dalla Jugoslavia. Di piccola pezzatura, contiene molto zolfo e sprigiona gas tossici. E qui avviene il dramma. I primi a cadere sono proprio i macchinisti. La locomotiva di conseguenza continua a sbuffare espellendo un fumo nero e denso, che rapidamente invade la galleria, dove in pochi minuti scatta la trappola del monossido di carbonio e dell’acido carbonico. Muoiono, senza nemmeno rendersene conto, quasi tutti i viaggiatori. Ai soccorritori, giunti molte ore dopo, i passeggeri appaiono seduti ai loro posti, danno l’impressione di dormire, ma di un sonno strano, insolito, un sonno senza respiro, un sonno senza sogni. Per non mettere sotto accusa le forze alleate, per non creare imbarazzi diplomatici con l’autorità occupante, la tragedia fu derubricata – in sostanza – a gravissimo incidente dovuto alla fatalità e non fu avviata alcuna seria inchiesta per stabilire le responsabilità della tragedia.”

Chi erano le spie “atipiche”?
“Atipiche perché il loro modus operandi usciva un po’ dagli schemi dello spionaggio tradizionale delle spie per così dire “classiche”. Prendiamo ad esempio Juan Pujol Garcia, detto Garbo, un doppiogiochista geniale. Diede un contributo molto significativo al successo dello sbarco in Normandia, convincendo i tedeschi che il grande sbarco alleato sarebbe avvenuto nei pressi di Calais. Non solo. Fece anche credere ai tedeschi che lo sbarco sulle coste normanne, una volta avvenuto, era solo uno sbarco di diversione, una trappola per far spostare le truppe della XV armata tedesca, schierata a difesa del Nord della Francia. L’armata tedesca, in effetti, non si mosse in quel fatidico 6 giugno 1944, in attesa appunto del fantomatico sbarco. Proprio ciò che speravano gli alleati! Come ci riuscì? Organizzando una rete di 27 spie pro-naziste in Gran Bretagna. Rete ovviamente inesistente, spie immaginarie, virtuali. Per ciascuna di esse Garbo creava una precisa personalità, uno specifico modo di riferire dalle zone dalle più disparate zone del Regno Unito. Ne metteva a volte in rilievo persino i problemi familiari e i salti di umore! Le loro informazioni dovevano convergere su un obiettivo comune: gli alleati sarebbero senza dubbio sbarcati a Calais.. Era come scrivere la sceneggiatura di un film di spionaggio, dove ciascun attore recitava con impegno la propria parte. Garbo non era naturalmente solo in questa grande impresa di mistificazione, era appoggiato, ispirato e aiutato dai servizi segreti inglesi (MI5) . Così poteva fornire notizie vere di minore importanza, per acquisire credibilità agli occhi dei suoi interlocutori tedeschi, preparando il terreno per quando avrebbe dato le grandi false notizie. La sua missione fu coronata da completo successo. Quando i tedeschi finalmente si accorsero dell’inganno, concentrarono in tutta fretta le loro forze sui fronti normanni. Ma era troppo tardi! Nessuno oramai avrebbe potuto frenare la valanga alleata. Cominciava la marcia di liberazione della Francia e dell’Europa. Lo sbarco in Normandia senza le mistificazioni di Garbo sarebbe probabilmente riuscito lo stesso, ma sarebbe stato sicuramente molto più sanguinoso, il prezzo da pagare, in termini di vite umane, molto più alto. Si può quindi dire che Garbo, con i suoi inesistenti 27 sub-agenti, abbia salvato la vita a centinaia, forse migliaia di soldati alleati.”

Perché la Graf Zeppelin non fu completata?
“Può sembrare incredibile, ma i tedeschi durante la seconda guerra mondiale non riuscirono a dotarsi di una portaerei, come invece fecero americani, inglesi e giapponesi. Perché? Per tre motivi principali. Il primo. La Germania dopo la sconfitta subita con la Prima guerra mondiale, perse tutte le sue colonie, diventando una potenza “continentale”. Non sentiva più l’esigenza e l’urgenza di una flotta di grandi dimensioni. Il secondo. Pesavano sullo sviluppo delle forze armate tedesche le limitazioni imposte dal Trattato di Versailles. Il terzo. C’erano forti rivalità tra l’Aviazione e la Marina del Terzo Reich per gestire gli aerei imbarcati. Quando finalmente Hitler si decise, era già tardi. I lavori per la costruzione della prima portaerei tedesca, la Graf Zeppelin, cominciarono nel 1936, ma andarono molto a rilento tra le indecisioni di Hitler che a volte spingeva per la Zeppelin, altre volte riteneva preferibile utilizzare il bilancio della Marina per sviluppare la flotta subacquea , meno costosa e più “produttiva. Si arrivò comunque, tra alti e bassi, a completare l’80% della nave. Ma la pressione degli eventi bellici costrinse Berlino a rinunciare al progetto e a smantellare inoltre gli armamenti già installati per utilizzarli in teatri di guerra prioritari. Nell’aprile del 1943 la Zeppeling fu rimorchiata nel porto di Stettino, dove due anni dopo, nell’aprile del 1945, fu affondata dal suo equipaggio per impedire che cadesse in mani nemiche. Tuttavia i sovietici riuscirono a farla riemergere, per riempirne le stive – secondo una diffusa leggenda – con un immenso bottino di guerra. In ogni caso, la mancata portaerei fece una fine paradossale: fu utilizzata dai sovietici come bersaglio nelle esercitazioni aereo-navali.”


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Anna Tortora

Nata a Nola. Si è laureata alla Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale. Le sue passioni sono la politica, la buona tavola, il mare e la moda. Accanita lettrice, fervente cattolica e tifosa del Milan.