Superbonus: Stop alla cessioni dei crediti
Superbonus, Stop alle cessioni dei crediti: il decreto è già operativo. Appello Abi-Ance per far ripartire il mercato. Dal 17 febbraio sono in vigore le nuove regole sui bonus edilizi, con lo stop alla possibilità di ricorrere alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura e il divieto per le pubbliche amministrazioni di acquistare i crediti fiscali.
110 miliardi di euro che gravavano sulla spesa pubblica.
“Ogni misura varata dovrebbe fondarsi su un rapporto previsionale dei costi/benefici e verifica ex post. Raramente i bonus funzionano. C’è poi un’altra considerazione: uno stato che non ha sotto controllo il suo core business (SSN e Istruzione) non può sostenere spese stravaganti.
I bonus hanno generato una spesa per lo Stato di circa 120 miliardi di euro, più o meno 2 mila euro a cittadino. È folle che un Paese rimborsi il 110% di un investimento a chiunque e poi non abbia le risorse per garantire a tutti i cittadini sanità e istruzione.
Non ho visto una parola di scuse sui circa 45 mld di buco, rispetto alle previsioni, generato dal bonus 110 e da quello facciate. Giusto chiedere una soluzione per chi in buona fede ha iniziato i lavori confidando nella cessione, ma appena dopo aver ammesso il disastro compiuto.
Luigi Marattin ne ha proposta una a nome del Terzo Polo che mi pare equilibrata ed efficace. Ma che sinistra e 5S difendano un bonus iniquo, invece di protestare perché quei soldi non sono stati investiti su sanità e istruzione, la dice lunga sulla loro crisi di identità.”
Carlo Calenda, Azione
Incisivo e chiaro anche Federico Fubini del Corriere della sera: “I costruttori che riescono a lamentarsi per la stretta sui bonus dopo aver pasteggiato con 110 miliardi di debito pubblico – in soli due anni e mezzo – mi fanno tornare bambino: amarcord anni ’70, con lambrette, pantaloni a zampa di elefante, baby pensioni e maxi buchi dell’Iri.
Con il Superbonus è che l’Italia si era inventata un sistema di spesa pubblica enorme, ma invisibile nei numeri del deficit e (quasi) invisibile in quelli del debito. Tanto avrebbe impattato solo mancate entrate future, fuori dai piani triennali da scrivere nel Def e dare alla Ue.
Di conseguenza:
1. Saranno rivisti (molto) al rialzo i deficit 2020-2022
2. Anche il deficit del 2023 sarebbe andato verso il 6% o il 7%
3. Per questo il governo si è affrettato a imporre la stretta adesso.”
In parole povere, una stretta dovuta dopo una scellerata scelta, guarda caso, grillina.
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