27 Dicembre 2024
Magazine

Tumori, virus Lassa potrebbe favorirli nei bimbi in Africa: la ricerca

Condividi

(Adnkronos) – Il legame tra virus di Lassa e tumori odontogeni è il tema al centro del convegno "Global Health ed esperienza missionaria in Africa: nuova prospettiva sanitaria alla luce del Giubileo del 2025", che si è appena concluso all’Idi Irccs di Roma. Un'occasione per illustrare gli sviluppi di una ricerca che mette in correlazione il virus di Lassa e questi tumori.  L'osservazione di un numero insolitamente alto di casi di tumori odontogeni fibro-ossei (come fibroma ossificante, ameloblastoma, displasia fibrosa e fibromixoma odontogeno) al Saint Mary's Hospital di Lacor, a Gulu, nel Nord Uganda, ha dato il via a questa ricerca. Questi tumori, considerati benigni, sono rari nei Paesi sviluppati, ma mostrano un'incidenza sorprendente nei Paesi in via di sviluppo, dove però i dati sono scarsi a causa della mancanza di registrazione dei casi o di esami istologici. Spesso, si sviluppano senza una causa apparente e sono soggetti a frequenti recidive. Se non trattati, possono evolvere in carcinomi, soprattutto nelle ossa alveolari edentule, suggerendo una possibile origine ossea oltre che odontogena. Non solo.  
I tumori odontogeni fibro-ossei colpiscono soprattutto il volto di bambini e giovani adulti, e l'intervento chirurgico lascia spesso deformità facciali, condannando i pazienti all'isolamento sociale. Si ipotizza che possano originare dal legamento parodontale dei denti in seguito a traumi o influenze ormonali, ma ciò non spiega i numerosi casi osservati in Uganda e in altri Paesi poveri. Quest'origine sconosciuta rappresenta una sfida sia diagnostica che terapeutica. Vincere questa sfida è l'obiettivo dello studio che punta a correlare i casi di tumori fibro-ossei registrati al Saint Mary's Hospital e all'ospedale universitario di Mulago di Kampala con un possibile agente eziologico: l'Arenavirus, un virus zoonotico presente quotidianamente nella popolazione locale.  Nei villaggi dell'Uganda e dell'Africa equatoriale, la popolazione vive in capanne a stretto contatto con il suolo, dormendo su stuoie e bevendo acqua contaminata di pozzi o stagni, usata anche per cucinare e per le abluzioni giornaliere. Acqua contaminata da urine e feci di ratti, che inoltre vengono spesso consumati crudi o cotti in modo approssimativo. C'è anche una credenza popolare che porta a sciogliere l'urina e le feci di ratto nell'acqua da bere, considerata terapeutica per varie malattie. Proprio le etnie che consumano ratti e altre specie selvatiche come serpenti e pipistrelli sembrano essere più colpite da questi tumori. Testimonianze di infermieri in Uganda riportano una frequenza sospettosamente alta di questi tumori nei villaggi vicino a miniere colonizzate da pipistrelli.  Negli ultimi cinque anni, sono stati analizzati 29 campioni biologici di tumore prelevati da giovani pazienti della R.D. del Congo, esaminandoli tramite Pcr all'Università di Kinshasa. In tutti i campioni è stato trovato il virus di Lassa, un tipo di Arenavirus, presente anche nei tessuti apparentemente sani circostanti al tumore, suggerendo che la riattivazione del virus latente possa essere la causa delle recidive. Questa scoperta ha portato a ipotizzare che il virus di Lassa possa essere un nuovo oncovirus. Un'ipotesi supportata anche da due articoli scientifici recenti.  La ricerca è tuttora in corso con l'obiettivo di incrementare la raccolta di campioni, eseguire test Pcr e sequenziare il virus per proporre un'ipotesi ben fondata di causa patogenetica da Arenavirus dei tumori odontogeni fibro-ossei presenti in Africa sub-Sahariana. "La mia può sembrare una ricerca bizzarra e forse lo è. Mi sento un po' come don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento", ha detto oggi all'Idi il ricercatore Marco De Feo, raccontando la storia di Lina Lowal, una bambina di 7 anni con un rigonfiamento sul lato destro del viso, incontrata al Saint Mary's Lacor Hospital in Uganda. Lina è stata operata sei volte nel corso di sei anni, ma è morta a 13 anni. Una storia simile a molte altre, quasi tutte finite tragicamente.  Per i ricercatori, è probabile che il virus trovato in Africa sia genotipicamente diverso da quelli in altre regioni come Thailandia, Filippine o America Latina. Il prossimo passo sarà la genotipizzazione del virus per comprenderne meglio le caratteristiche. "Il virus di Lassa, un arenavirus zoonotico, potrebbe essere un nuovo oncovirus. La ricerca continua, con l'obiettivo di trovare terapie mediche efficaci e, eventualmente, sviluppare un vaccino – ha sottolineato Giuseppe Piccinni, direttore della Microbiologia e virologia all'Irccs Idi – La strada verso la scoperta di un vaccino è lunga e complessa, richiedendo una cooperazione internazionale e la rimozione di barriere burocratiche. Tuttavia, il lavoro in corso rappresenta una speranza per il futuro nella lotta contro queste malattie. La comprensione delle abitudini culturali e delle condizioni ambientali locali è cruciale per sviluppare strategie di prevenzione e trattamento efficaci". —[email protected] (Web Info)


ILMONITO è orgoglioso di offrire gratuitamente a tutti i cittadini centinaia di nuovi contenuti: notizie, approfondimenti esclusivi, interviste agli esperti, inchieste, video e tanto altro. Tutto questo lavoro però ha un grande costo economico. Per questo chiediamo a chi legge queste righe di sostenerci. Di darci un contributo minimo, fondamentale per il nostro lavoro. Sostienici con una donazione. Grazie !
 
ILMONITO crede nella trasparenza e nell'onestà. Pertanto, correggerà prontamente gli errori. La pienezza e la freschezza delle informazioni rappresentano due valori inevitabili nel mondo del giornalismo online; garantiamo l'opportunità di apportare correzioni ed eliminare foto quando necessario. Scrivete a [email protected] - Questo articolo è stato verificato dall'autore attraverso fatti circostanziati, testate giornalistiche e lanci di Agenzie di Stampa.

Redazione

I nostri interlocutori sono i giovani, la nostra mission è valorizzarne la motivazione e la competenza per creare e dare vita ad un nuovo modo di “pensare” il giornalismo. [email protected]