Violenza sulle donne, la necessità dell’ascolto. Intervista con la dottoressa Carolina Pellegrini, consigliera di parità in Regione Lombardia.
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“La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto di distruggerla.”
Benedetto Croce
Per la mia rubrica IL Personaggio sono lieta di ospitare Carolina Pellegrini, consigliera di parità in Regione Lombardia. Con lei vorrei fermarmi, con una concentrazione profonda, su alcuni squarci dell’universo femminile, per contemplare, per riflettere e…ripartire.
Quando parliamo di violenza sulle donne, non ci riferiamo solo alla violenza fisica, ma anche a quella psicologica, verbale, sessuale.
Quando, dunque, una donna può definirsi vittima di violenza?
“Innanzitutto, a parte il mio ruolo regionale in cui mi sono occupata di discriminazione e di molestie nei luoghi di lavoro, per ciò che riguarda il mio lavoro incontro (per conto anche della mia fondazione) tante donne e collaboro alla rete anti violenza del mio territorio. La regione Lombardia è una delle regioni con il più alto numero di violenze, non solo di omicidi, ma pure di violenze domestiche, ecc. Io credo che la cosa importante, di cui parlano veramente troppo poco, è chi incontra la donna per poter raccontare ciò che subisce? L’incontro, l’accoglienza, sono fondamentali. Da lì parte eventualmente un percorso. Quando una donna può essere considerata vittima di violenza? Se guardo i dati, le violenze psicologiche sono quelle più numerose. La violenza psicologica è quando un uomo (la maggior parte delle donne subisce violenza da parte del compagno o ex compagno) ti umilia in continuazione, ti fa perdere la stima nei confronti di te stessa e ti tratta male, anche solo verbalmente, davanti a persone o ai figli, con atteggiamento aggressivo.
Poi c’è la violenza sessuale che non è solo quando una donna subisce uno stupro. La violenza sessuale è anche quando una donna è costretta a rapporti sessuali non graditi o a delle modalità sessuali non gradite.
Poi c’è la violenza economica che si verifica, ad esempio, quando una donna viene controllata anche sui centesimi che spende.
Molto spesso questi tipi di violenza non vengono interpretati come tali e, quindi, vengono reiterati nel tempo e la donna si trova vivere delle relazioni malate.
Questo vale anche per gli uomini, perché molto spesso subiscono le violenze di cui stiamo parlando, seppur in misura minore.
Tu hai fatto una domanda importantissima. Quando una donna subisce violenza? Il grande tema è proprio l’individuazione: se le donne e gli uomini cominciassero ad esaminare la qualità dei racconti in cui stanno, si scoprirebbero delle cose molto interessanti. Io, per caso, mi sono trovata a parlare con conoscenti e sono venuti fuori degli aspetti mostruosi relativi ai loro nuclei familiari.
I luoghi per porre rimedio ci sono. Tutto si può dire dell’Italia, ma non che non sia attrezzata per risolvere questo tipo di problema. Il numero verde 1522 è importante per lo snodo territoriale. Per fortuna le risposte ci sono.”
In relazione alla pandemia, come descriveresti la situazione sulla violenza in Italia?
“Nel primo periodo, quindi primo semestre e secondo semestre del 2020, purtroppo gli episodi di violenze domestiche sono aumentati. Il fatto di vivere in luoghi troppo ‘stretti’, il fatto di dover stare tanto tempo in famiglia, il fatto di dover gestire la dad dei figli, rapporti già in crisi, ecc. hanno dato dei risultati negativi. Ti do dei numeri: nel secondo trimestre del 2020 le chiamate al 1522 sono state quasi 13000, valide circa 5700. Significa che in quel periodo, gli episodi violenti all’interno della coppia sono aumentati. Invece, nel secondo trimestre 2021 (ultimi dati ISTAT), le chiamate sono state circa 8600, le vittime sono 4300; è visibile un lieve calo ma non si può dire che le cose vadano bene.
Il periodo di Covid ha peggiorato le situazioni delle donne in casa, soprattutto perché i lavori familiari, gestiti sempre da loro, sono aumentati.”
Cosa bisogna ancora fare?
“Qui mi viene da sorridere. Tu sai quanto sono stata contraria al ddl Zan per quello che conteneva. Sono stata contraria al fatto che abbiano inserito in coda la misoginia e la disabilità, dei quali poco frega a chi ha scritto il ddl Zan. Credo sia una grande questione educativa; ancora oggi viviamo con degli stereotipi non da poco. La donna va rispettata e valorizzata per quello che è!
Primo tema: educativo: il rispetto della diversità, da continuare a ricordare e a sensibilizzare.
Secondo tema educativo: l’autostima delle donne. Le donne devono stimare di più se stesse e devono essere autonome economicamente. Pensa che in Lombardia il 40% delle donne che denunciano violenza, non ha un proprio reddito da lavoro. Questo è una dato molto significativo in quanto dalla violenza economica si passa a quella psicologica e così via.
Terzo tema educativo: la competenza degli operatori. L’ho accennato anche all’inizio di questa intervista. Chi accoglie la richiesta, deve essere in grado di capire e di aiutare la persona. Sembra una banalità, ma non lo è. Se io accolgo una domanda, o percepisco qualcosa di strano, devo essere in grado di comprendere nella totalità; cioè di captare tutte le sfaccettature della persona che chiede aiuto e solo così si può riuscire ad affrontare il problema. Esempio: in un consultorio una paziente va per una visita ginecologica, un buon operatore percepisce che ha bisogno anche di altro.
Io ho visto donne che volevano uscire dalla morsa della violenza, ma che ad un certo punto hanno interrotto il percorso perché non si sono sentite comprese fino in fondo. E potrei farti un’infinità di esempi. Le reti anti violenza ci sono e hanno tutti i tasselli a posto, però molti operatori non sono all’altezza.”
Il tema affrontato è carico di una tensione ideale, di una umanità stanca che paga il prezzo di conquiste il cui valore sfugge a tanti. Con la speranza che si possa arginare la violenza, ringrazio Carolina Pellegrini per il prezioso contributo.
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