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Vittoria decisiva. Contavano solo i tre punti

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di Luca Muratgia.

Il Napoli torna da Lecce con tre punti vitali nella corsa che porta alla conquista del tricolore, tre punti che suonano come un sospiro di sollievo per l’ambiente partenopeo dopo la traumatica debacle interna contro il Milan che ha minato le certezze di una squadra che fino alla mortifera partita contro i rossoneri sembrava imbattibile. I tre punti contro i salentini non sono stati salutati con grande entusiasmo dall’ambiente per una vittoria , a detta di molti, caratterizzata da una prestazione sottotono e comunque lontana dalle performance cui ci aveva abituato la compagine azzurra. Le opinioni, presumibilmente eccessivamente critiche, sembrano più frutto della scia negativa della batosta di domenica scorsa che la reale ed oggettiva analisi del venerdì santo in terra pugliese. Eppure i tre punti conquistati faticosamente dagli uomini di Spalletti non risultavano affetto scontati perché una sconfitta come quella rimediata contro il campioni d’Italia poteva rappresentare un problema serio da un punto di vista mentale e produrre scorie e strascichi che avrebbero potuto palesarsi anche contro la compagine guidata dall’ex Baroni. Inoltre il Lecce rappresentava un ostacolo decisamente impegnativo, una squadra ben allenata e disposta benissimo in campo nonostante le cinque sconfitte consecutive, maturate più da episodi che da una reale inferiorità tecnica e tattica tanto che i giallorossi sono stati considerati dalla critica come la reale rivelazione del campionato e che, è bene ricordarlo, ha quasi ottenuto il conseguimento del proprio obiettivo stagionale ovverosia la salvezza, obiettivo che, alla vigilia del campionato, appariva particolarmente improbabile. Una squadra, insomma, che gioca bene a calcio e che, nel suo percorso in campionato, ha conquistato un corposo numero di punti proprio contro le cosiddette grandi.
Ai censori e ai detrattori, evidentemente abituati troppo bene fino ad oggi, va ricordato che il Napoli si trova costretto, al momento, a giocare senza il giocatore più forte dell’intera seri A e questo aspetto sembra non essere tenuto nella giusta considerazione, Osimhen al momento rappresenta un elemento imprescindibile e qualsiasi formazione, anche le squadre più titolate al mondo, accuserebbero inevitabilmente delle difficoltà in assenza di un elemento tanto importante.
Il Napoli si porta dietro, inevitabilmente, gli strascichi della caporetto  del Maradona e i primi minuti infatti, li gioca con un atteggiamento bloccato, quasi timoroso e infatti, proprio nei primi minuti i salentini mostrano la loro migliore espressione di gioco con una maggiore pericolosità in fase offensiva rispetto agli azzurri e solo un prodigioso colpo di reni di Meret impedisce a Maleh di realizzare l’1-0. Poi sugli sviluppi di un calcio d’angolo, un cross al bacio di Kim, nel frattempo proiettato in fase offensiva, consente a Di Lorenzo di svettare imperiosamente in area leccese e di realizzare, di testa, la rete del vantaggio, rete che assume il significato di una vera e propria liberazione da parte dei partenopei. Infatti dopo il vantaggio il Napoli si sblocca psicologicamente e ricomincia a tessere di nuovo quelle trame cui tutti erano abituati con quella velocità capace di disorientare gli schieramenti avversari. Fino alla fine del primo tempo, i partenopei mantengono il piano controllo del match, sfiorando il raddoppio con Lozano che chiama il portiere Falcone alla parata che sa di miracolo. Il secondo tempo invece si dimostra più complicato del previsto. Con il Napoli che torna impacciato e impreciso. Il pareggio del Lecce ad opera di Di Francesco, lesto a risolvere una mischia in area a seguito di una traversa e a battere Meret per l’1-1, non fa altro che confermare la piega negativa che stava prendendo l’incontro oltre a rappresentare un contraccolpo psicologico particolarmente complesso da gestire. E proprio in situazioni del genere che squadra mostra quel carattere e quella determinazione di chi ha voglia di vincere e che tanto era mancata negli anni precedenti. Proprio quel carattere e quella determinazione che hanno rappresentato, non secondi all’aspetto tecnico e tattico, l’elemento principale e necessario a condurre il Napoli nella posizione attuale e che riveste con merito. Gli azzurri tornano a controllare la partita e a macinare gioco ma Ci vuole  la complicità della difesa leccese per tornare in vantaggio. Tacco di Kvaratskhelia che libera Mario Rui, sul cross teso ed insidioso del portoghese il difensore Gallo cerca goffamente il controllo con le cosce indirizzando il pallone verso la porta, il portiere Falcone, preso alla sprovvista dall’intervento scoordinato del difensore, si fa sfuggire il pallone tra le mani con la stessa che si infila beffardamente in porta riportando vantaggio e serenità in casa azzurra. La partita ha poco altro da dire, il Napoli non subisce alcuna azione pericolosa, anzi sfiora la rete del raddoppio prima con Elmas, fermato da un’eccellente parata di Falcone e poi con Politano che da centrocampo, con la porta completamente vuota, viene fermato dall’ inopportuno triplice fischio dell’arbitro che sancisce la fine delle ostilità. Vittorie sofferta e con qualche preoccupazione, non solo per la qualità del gioco sciorinato anche in vista della partita clou della stagione di mercoledì contro il Milan a Milano, ma soprattutto per l’infortunio del Cholito Simeone che, stante l’infortunio di Osimhen (ancora incerti i tempi di recupero), e la condizione fisica ancora approssimativa di Raspadori, reduce da in mese di stop per infortunio, porta inevitabilmente qualche grattacapo a Spalletti che si presenterà a Milano con uno schieramento offensivo tutto da inventare.


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